IRKUTSK – Mamme anglosassoni e tigri siberiane
Irkutsk, detta la Parigi della Siberia. Forse il paragone è un po’ azzardato ma considerando di essere in territorio siberiano, ad oltre 4000 km da Mosca, questa piccola località sul fiume Angara è una piacevole ed allegra fermata sulla Transiberiana.
Arriviamo in stazione al solito orario, una signora che stranamente parla inglese ci chiede se vogliamo dividere un taxi, non ci mettiamo molto a decidere tra la salvezza e l’ipotermia.
Stiamo al Rolling Stones Hostel (potevamo scegliere un ostello con un altro nome?), il luogo più confortevole dove abbiamo dormito finora.
La cosa più affascinante della città sono le tradizionali case in legno con finestre abbellite da raffinate decorazioni a intaglio in tipico stile siberiano. Sono sparse qua e là in tutta la città, soprattutto nei vecchi quartieri. Ci prendiamo i primi due giorni per esplorarli (consigliatissima la Cattedrale di Nostra Signora di Kazan), richiedere il visto mongolo (che qui ti rilasciano con la stessa facilità con cui a casa compri un pacchetto di sigarette), riposarci e riordinare le idee.
È incredibile, proprio qui dove ci aspettavamo di dover affogare nella neve, c’è sempre il sole e una temperatura che per la prima volta non è disumana.
Finalmente è arrivato il momento di un po’ di natura, dopo tutte queste città ne avevamo proprio bisogno! Organizziamo una visita in giornata a Listvyanka, una piccola cittadina a un’ora da Irkutsk sulle rive del Baikal, il lago più profondo del pianeta. Il panorama merita davvero, abbiamo saputo che in pieno inverno il lago ghiaccia completamente e i russi lo attraversano a piedi, con gli sci ma soprattutto in auto! È il momento del pezzo forte della giornata, il Great Baikal Trail! Un trekking di circa 22 km che si potrebbe fare in una giornata piena d’estate, quando sono attivi i battelli che ti riportano a Listvyanka, peccato che a fine ottobre non esista niente di tutto ciò e passare la notte all’aperto con queste temperature non ci sembra una grande idea. Cammineremo per qualche ora e poi torneremo alla base. Pronti via, usciamo lentamente dal villaggio, siamo carichi, eccitati, e finalmente arriviamo a quello che ci sembra l’inizio del percorso. Davanti a noi, però, un bivio: una scalata infernale con pendenza del 96% a sinistra o una salita leggera, piacevole, con gli uccellini che cantano, a destra? Highway to Hell o Stairway to Heaven? Naturalmente, l’autostrada per l’inferno. E solo dopo essere arrivati in cima ed aver scoperto che nessun essere umano era passato di lì dai tempi di Gengis Khan, abbiamo capito che forse era il caso di tornare sui nostri passi e prendere il sentiero sulla destra.
Tre ore di salita più una sosta cibo salvavita e siamo in cima, il lago domina il panorama, i raggi del sole attraverso la foresta e la neve rendono questo momento indimenticabile. È il mio trentaduesimo compleanno, e non sono mai stato così felice.